Laguna

Ci fu un tempo in cui gli umani attraversavano con passo discreto luoghi di cui poco o nulla conoscevano, quando ancora la grande Aquila volava libera e tutte le creature la salutavano con reverenza. Un dì accadde che un uomo, che si riteneva piuttosto esperto delle cose del mondo, avendo intrapreso un viaggio verso luoghi sconosciuti alla ricerca di nuove opportunità, si ritrovasse di fronte all’occasione di poter oltrepassare un’alta siepe, fatta crescere in quel punto a delimitare le terre coltivate dalle zone poco conosciute della laguna, ai piedi della montagna.

Gli esploratori che avevano visitato quei luoghi spesso non erano tornati, oppure rientravano cambiati; a stento comunicavano con i membri delle loro famiglie ed i loro amici più cari. Non erano mutati nella forma, ma chi li aveva conosciuti davvero, sapeva che nel profondo avevano compreso qualcosa di sottile e solido, come il legno che galleggia sull’acqua, robusto e leggero. Qualcosa li aveva resi differenti, nel profondo; come fossero immobili ed in movimento, allo stesso tempo.

L’umano era insieme curioso e prudente, sinceramente intimorito da quanto sarebbe potuto accadere ma anche istintivamente attratto dalla sete di conoscenza.

Alzó lo sguardo e vide un raggio di sole tagliare le nubi e scomparire subito dopo: in un attimo decise che avrebbe intrapreso quel nuovo viaggio.

Si lasciò alle spalle le terre confortevoli ed accoglienti che lo avevano cresciuto, di cui conosceva ogni segreto ed imboccó il sentiero sterrato, accanto alla fonte che segnava l’inizio della radura, prima di inoltrarsi nella foresta.

Immediatamente si rese conto che il suo viaggio sarebbe stato più impegnativo del previsto. Mentre si inoltrava nel bosco, l’aria diventava più fredda e la luce filtrava sempre meno attraverso le fronde degli alberi, che diventavano più fitti, mano a mano che i campi si allontanavano da lui. Istintivamente si accorse di aver affrettato il passo, come se volesse arrivare velocemente ad una destinazione confortevole, dove si sarebbe divertito al pensiero di essere stato intimorito da qualche ramo e dalle voci dei piccoli abitanti del luogo.

Nonostante il suo incedere veloce, però, iniziava a non sentirsi sicuro e si rammaricò di non aver pensato ad un luogo dove passare la notte, giudicando le sue azioni avventate e poco consone ad un così avventuroso percorso.

Proseguì, finché il sentiero non fu più riconoscibile da occhio umano; davanti a lui soltanto verdi foglie, corteccia, muschio, fili d’erba, antiche rocce. Il viaggiatore si rese conto che nel giro di poco, non sarebbe più stato in grado di distinguere gli elementi, a causa della poca luce che andava via via affievolendosi, capendo che avrebbe dovuto proseguire utilizzando gli altri sensi, ma non la vista.

Questa ipotesi iniziò a generare in lui irrequietezza, che andò evolvendosi in paura, mentre cercava un rifugio che sembrava sempre più difficile da trovare.

In breve tempo, egli si ritrovò immerso nel buio più completo.

Ogni fronda che sfiorava, generava un pensiero astratto ed ogni sussurro, ogni canto, ogni fruscío, diventava nella sua mente la rappresentazione di un nemico invincibile, venuto da mondi lontani all’unico scopo di ferirlo o mutilarlo. Iniziò a correre, con il panico come unica guida, inciampando in ogni radice, ferendosi le caviglie e le mani ed ascoltando il suo cuore ed il suo respiro rimbombare nelle orecchie così forte da fargli credere potesse essere udito da grande distanza.

Quando le sue forze lo abbandonarono e fu costretto a fermarsi, l’esploratore si accovacciò a terra, stringendosi le gambe, nel tentativo di sopravvivere alle oscure minacce come se potesse ripararsi all’interno di un’armatura che, di fatto, non indossava.

Passarono le ore e nulla accadde.

Spinto dall’istinto di sopravvivenza, decise di aprire gli occhi, nell’estremo gesto di trovare una fine veloce, ma si rese subito conto che una piccola luce blu lo stava osservando.

Sembrava un lumino, ma osservando più attentamente, si accorse che si trattava di un piccolo fungo. Non aveva radici a terra, fluttuava, come spinto da una sottile brezza leggera.

Il viaggiatore avvicinò la mano per toccarlo ed esso sparì. Il buio ritornò.

Adesso però, il terrore era passato ed egli tornò a respirare regolarmente. Fu solo allora che la vide. Una figura candida, alta, dalle dita sottili e dallo sguardo assente, usciva dal cavo di un albero e diffondeva una lieve luce intorno a sé.

Non disse nulla e l’umano non chiese.

Si limitò ad osservare e seguire quella figura, che si spostava da un ramo all’altro come guidata da una forza superiore.

Ad ogni passo, il viaggiatore si rendeva conto di aver ritrovato, nascosti nel profondo cuore della foresta, i sentimenti perduti dei suoi predecessori: chi aveva lasciato la costanza, chi la grazia, chi la benevolenza, chi la saggezza. Intrappolate tra le radici degli alberi secolari, esse avevano l’aspetto di coloro che un tempo ne furono padroni e che, avendo perduto sé stessi nel folto del bosco, non erano più stati capaci di ritrovare.

Lo spirito quindi si avvicinò all’uomo e, senza fare nulla, iniziò ad allontanarsi.

Istintivamente egli fu tentato di seguirlo, curioso ed intimorito allo stesso tempo. Capì subito però che, come gli atri, avrebbe dovuto lasciare in pegno una parte di sé, preziosa, insostituibile e potente.

Decise allora di abbandonare l’idea che aveva del mondo conosciuto, i suoi pregiudizi, le sue certezze, che attraverso gli antichi sussurri del bosco avevano generato il terrore all’inizio del suo viaggio. Cancellò la sua memoria calda e confortevole, compagna di dolci ricordi e di immagini felici, lasciandola laggiù, insieme alle qualità di altri viaggiatori.

Intraprese quindi il sentiero lungo il quale si era allontanata la figura leggera e fu subito colpito dall’immagine di un’alba meravigliosa che stava sorgendo dietro la collina, luogo che solo fino a poco tempo prima non era nemmeno riuscito a scorgere.

Venne immediatamente sopraffatto da un’onda di profumi e colori talmente intensa da restarne quasi stordito.

Raggiunse infine la figura luminosa, che era arrivata fino alla riva della laguna, ai piedi della montagna, dove si era seduta accanto alle acque, come attendendolo; egli la avvicinò e riuscì a vederne il riflesso nell’acqua pulita: fu così che l’esploratore vide apparire un volto, che era esattamente tale e quale al suo.

Egli si rese conto che, giunto alla fine del suo strano viaggio, aveva per incanto trovato se stesso.

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