Due

Doppio. Singolo. Sistema. Ci sono cose e persone che nascono, vivono e muoiono in un intreccio vagabondo di fili che invisibilmente le unisce.

Cavi d’acciaio, ragnatele, lenze da pesca, fili di cotone, bava di lumaca, gocce di rugiada: spesso si è ignari di ogni legame, qualsiasi esso sia. Talvolta ciò che passa attraverso le acque, si riflette al contrario dall’altra parte, quasi a voler prendersi gioco di ciò che Alice vide oltrepassando lo specchio.

Questo infinito groviglio talvolta è così fitto che a stento se ne distinguono i contorni, si sbaglia direzione; Sole e Luna si fermano a contemplare la via, ingannati dall’apparenza stravagante dei destini intrecciati.

Esiste però qualcuno, qualche animo eletto, che in sogno avverte ciò che occhio umano di norma non coglie, riuscendo a fluttuare al di sopra dei mondi ed intravedendo cosa succede all’altra estremità del filo.

I doppi, li chiamano. Coloro che si legano all’infinito sistema dell’universo e che viaggiano attraverso le molecole del sonno per esplorare milioni di destini ed infine scoprire un solo, singolo, invisibile, leggerissimo filo. Dall’altro lato, un altro doppio. Possono essere oggetti, animali, spiriti, persone, elementi della natura, non esiste una precisa regola e nessuno ha mai spiegato come si svolga il processo: attraverso le ere, nulla è cambiato.

Ne conobbi uno, una volta. La sua magia era così grande e così semplice che restai sveglio due lune, prima di capacitarmi di quanto la bellezza di un solo colore avesse potuto abbagliarmi. Dall’altro lato, un grillo.

Solo chi sa cantare le antiche note, trova spunto per parlare con parole sagge e le parole dei saggi sono la porta che permette di accedere ai molti universi. Chi ha uno spirito puro, una patente per i sogni, l’animo leggero e un amore potente, ha in mano un’opportunità vera.

I doppi sono la chiave.

Quercia

Umani, demoni, fanciulle fatate, principesse, cavalieri erranti, druidi, saggi, sacerdoti, contadini, precettori; ci fu un tempo in cui ognuno credeva di esistere in un’unica forma, incatenato alle parole, costretto dalle definizioni, rinchiuso nel labirinto e nutrito, affinché non avesse velleità di fuga o pensieri di libertà. Creature meravigliose, fatte per essere contemplate, custodite con garbo e assecondate per necessità: la loro danza all’interno delle mura talvolta era così soave da far nascere un sentimento di pace interiore, agli occhi degli spettatori.Nessun abitante dei due mondi, ai tempi in cui l’antica foresta ancora non aveva visto il grande cervo con i suoi occhi, aveva mai pensato di voler cercare un’immagine di sé da poter mostrare agli altri.

Ognuno sapeva. Nessuno sapeva.

Un giorno d’inverno, prima che il sole calasse ed il ghiaccio potesse così immobilizzare ogni soffio di vento, un bambino umano si avventurò nella foresta, alla ricerca di un pensiero perduto. Egli lo aveva custodito nel corso della sua breve esistenza, lo aveva amato ed aveva sentito il suo essere come un caldo rifugio nelle notti fredde; ma ora, con suo grande smarrimento, non riusciva più a trovarlo.

Si chiedeva come i suoi ricordi avrebbero potuto riaffiorare, come sarebbero stati i suoi racconti, senza la guida della sua morbida e preziosa idea.

Creatura rara, difficile da vedere e da credere, cucciolo di volpe bianca.

Proseguì per un po’ lungo il sentiero battuto, luogo di cui conosceva bene ogni curva, ogni angolo, ogni radura. Scoprì molte curiose forme e colori meravigliosi, i suoi sensi danzavano come accade quando la dolcezza dello spirito del vento accompagna le notti d’estate. Ma non trovó ciò che cercava. Inizió a pensare che per ritrovare ciò che aveva perduto, avrebbe dovuto perdersi a sua volta.

Decise quindi di inoltrarsi nel folto boschetto di castagni e lo attraversó fino all’estremità più lontana, ma la sua ricerca restó ancora vana.

Egli sapeva che i pensieri sono sfuggenti e difficili da catturare, ma conosceva bene il suo ed anche l’immagine custodita in esso. A lui piaceva e non avrebbe rinunciato, anche se la sera incombeva e la luna stava iniziando il suo cammino.

Nonostante la sua costanza e determinazione, le ore passavano senza che il suo viaggio si concludesse con successo; tutte le creature sanno che l’antica foresta gioca con lo spazio ed il tempo: come un’abile danzatrice sposta e conduce con leggerezza ogni elemento che vive e respira dentro di lei. Fu così che il bambino, concentrato nella ricerca, non percepì la differenza tra sembianza ed essenza e, quando finalmente raggiunse il suo obiettivo, con grande stupore non trovó affatto ciò che si aspettava.

Il suo amato pensiero, il suo sé, il suo amico, era riflesso nel cavo di un’antica quercia: era lui, proprio come quando lo aveva lasciato; la foresta però lo aveva reso tangibile ed egli conobbe sé stesso, così come gli altri lo vedevano dall’esterno.

La linfa dell’albero gli riveló il suo aspetto: fu così che egli incontró un vecchio, saggio e chiacchierone, capace di parlare con le creature del bosco e di intrecciare i capelli grigi con i rami di edera ed ortica. Le sue mani erano grandi e le dita secche, i suoi occhi profondi e azzurri, luminosi come chi conosce le stelle e racconta solo a pochi.

L’acqua di quercia era il mezzo per osservare il riflesso di sé: il vecchio ne domandò un poco da portarsi via e la gentile pianta gliene fece dono. I sogni talvolta passano il confine tra i due mondi, se un custode coraggioso, curioso e determinato li accompagna al limite del passaggio.

Ben presto il sentiero battuto riapparve insieme ai primi raggi dell’alba, ed in poco tempo l’anziano riconobbe la via di casa. Egli rientró al villaggio e si accorse di sapere: capì, fece dono e si riaddormentó.

Da quel giorno, ognuno poté richiamare la propria immagine di sé, riflessa in uno specchio d’acqua, versando una goccia di linfa di quercia. E fu così che da allora, i saggi colsero la differenza tra immagine e sostanza.

Acqua

Ai tempi in cui le terre non erano emerse del tutto, le acque ricoprivano l’intero pianeta e gli uomini non si conoscevano. Ogni cosa era piccola e debole, la luce dominava le sensazioni ed il vento spazzava la superficie della terra come un coltello, talvolta gentile, a volte pericoloso, sempre forte e costante.

Il colore del mare era diverso da come lo conosciamo e gli oceani erano talmente profondi che i racconti dei marinai non erano abbastanza fantastici da contenere tutta la straordinaria realtà che veniva scoperta giorno per giorno dai pochi che si avventuravano al largo delle acque conosciute.
A quel tempo, gli esseri umani erano davvero pochi e la terra era popolata prevalentemente da creature degli abissi, grandi tartarughe e qualche specie di uccello.
I passaggi tra i due mondi erano pressoché sconosciuti: gli antichi libri parlano di rado di una così lontana civiltà.
Ciò che dominava il tempo e lo spazio era l’acqua di mare.
Fresca e piacevole intorno all’equatore, diventava ghiaccio e roccia verso gli estremi del pianeta. In alcuni luoghi ribolliva sotto la spinta dei grandi vulcani e poi fuggiva libera, ad incontrare i suoi ospiti e raccontando loro storie di luoghi lontani. I suoi viaggi le consentivano di scoprire ciò che era nascosto: spesso le rocce le facevano dono di piccoli tesori che lei trasportava per miglia e miglia, finché non incrociava frammenti complementari ai quali sussurrava parole magiche che li fondevano in nuove realtà, ancora più uniche e rare.
L’acqua del mare custodiva i codici ed interpretava le leggi del mondo, si adattava all’umore del vento e alla danza della luna. Era fiera, indomabile e selvaggia. Ma anche accogliente e amorevole con le creature che abitavano i suoi remoti passaggi.
Capitava talvolta che fosse docile e gentile, ma soltanto in rare occasioni, se un umano o una creatura della terra le dimostrava rispetto e reverenza: allora poteva essere tanto dolce quanto incantevole. Ogni essere vivente sapeva però, che non era saggio sfidarla, poiché essa avrebbe senz’altro richiesto una dimostrazione di indomito coraggio oppure avrebbe preteso un caro prezzo per una simile audacia.
Molti furono coloro che non credettero alle parole degli anziani e vollero avventurarsi al largo di acque calme e tranquille, alla ricerca dei doni del mare, pensando di poterli ottenere senza domandare. La maggior parte non faceva ritorno. I pochi che riuscivano a ritrovare la strada di casa, giungevano spogli e senza più alcun desiderio di rivincita: forza e coraggio erano le qualità per sopravvivere, umiltà e determinazione il mezzo per comprendere la via. L’acqua del mare conosceva già chi avrebbe fatto ritorno, ancora prima che il viaggio dei suoi ospiti cominciasse ma, se nel tempo di mezzo qualche viaggiatore avesse intravisto la via, benché non fosse scritto, essa rispettosamente osservava e conduceva, velocemente fluttuava leggera, come chi sottilmente apprezza coloro che aprono gli occhi alla luce della conoscenza.
Ogni creatura si troverà a dover comprendere ciò che ai più è nascosto: ci sono luoghi, persone, idee, pensieri, spiriti, che vanno rispettati ed avvicinati conoscendone le leggi, la forza e le debolezze. Ognuno in sé possiede le qualità del tutto: non tutte le chiavi aprono gli stessi passaggi ma ogni luogo, anche il più remoto, contiene l’essenza dello spirito del mondo. E lo spirito del mondo, è l’acqua di mare.